mercoledì 4 marzo 2015

KRANE II - . Capitolo I - URZUK

Per chi ha letto il primo volume della saga e non si è poi curato di come sia andata a finire, ecco qui di seguito la prima pagina del nuovo romanzo che ha un incipit di puro stile Howardiano ...

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CAPITOLO I

URZUK

    Gli Urzuk erano vicini. Per quanto avesse cercato di tenerli lontano con mille trucchi, sfruttando la conoscenza del deserto che indubbiamente aveva, l'uomo intabarrato nel burnus svolazzante non era riuscito a scrollarsi di dosso quei molesti inseguitori che lo braccavano da molte ore. Il dromedario era ormai stanco, avendo dovuto sostenere un trotto costante fin dal mattino.  In certi momenti gli Urzuk erano rimasti indietro, fuori vista in quel deserto arido, completamente sabbioso, senza un filo d'erba a interromperne la monotonia. Non appena ciò era accaduto, l'uomo aveva cercato di deviare dalla linea retta, nel tentativo di perdere definitivamente il contatto con chi lo inseguiva, ma dopo poco le inconfondibili siluette di quegli arabi sugli alti cammelli riapparivano in distanza. L'uomo nel burnus era giunto alla conclusione che non fossero gli stessi che precedentemente lo seguivano. Forse vi erano varie pattuglie sparse nel deserto alla sua caccia, per vietargli l'accesso al “Mausoleo” cui lui voleva avvicinarsi, ed evidentemente dovevano coprire per miglia il territorio. Da come si erano disposti nell'inseguirlo sembrava volessero spingerlo verso il sud, in quanto la via sembrava libera solo da quella parte. Presto si sarebbe trovato in una parte del deserto che lui non conosceva, dove il Chott el Jerid si apriva sull'immenso Sahara. Non volendo dare partita vinta a chi lo seguiva così tenacemente, l'uomo si risorse a un tentativo estremo.  Colto il momento in cui i suoi inseguitori, quattro o cinque in tutto, erano fuori vista, perché coperti dalle creste delle dune di sabbia accatastate senza ordine da un vento capriccioso, ne sorpassò una un po' più alta delle altre. Come sperava individuò alle spalle di questa un avvallamento semicircolare, che doveva ripararlo alla vista di chi fosse transitato anche a breve distanza da lui. Fece accoccolare il dromedario sulla sabbia, si coricò accanto a questo dal lato dove il corpo dell'animale gli forniva una relativa ombra, estrasse dalla fonda della sella una carabina Henry a ripetizione e si mise ad attendere. Aveva calcolato che in circa una quindicina di minuti quei berberi che lo seguivano sarebbero giunti alla sua altezza. Non osava sporgersi oltre il punto più alto della duna nella direzione dei suoi inseguitori, perché sapeva che lo avrebbero avvistato immediatamente, si mise pertanto in attesa a un lato dell'avvallamento, quello da cui sperava i berberi avrebbero passato il culmine delle sabbie. I suoi calcoli furono esatti, perché dopo circa dodici minuti sentì il rumore soffocato delle zampe dei cammelli che affondavano nella sabbia e quasi immediatamente quattro cavalieri si profilarono sul culmine della duna. Era questione di attimi, quasi subito si sarebbero resi conto che l'uomo inseguito non era più in vista e dalle tracce del dromedario avrebbero volto lo sguardo verso la cunetta, scoprendolo. L'uomo col burnus non si era curato di cancellare le tracce, perché il suo scopo non era quello di eludere gli inseguitori. Voleva disfarsi definitivamente di loro. Fedele alla sua deontologia, però, in quell'attimo d’indecisione che portò i berberi ad arrestare le loro cavalcature, indecisi della direzione da prendere, si alzò in ginocchio e li apostrofò con queste parole:
  - Le sabbie del deserto non sono abbastanza calde oggi per voi?  Ho poca acqua a disposizione, amici, ma in sua vece posso offrirvi molto piombo, rovente ancor più degli zoccoli dei vostri cammelli!

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   L'mmagine che vedete è una istantanea del lago salato del Chott el Jerid ...

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