domenica 24 novembre 2013

PREMIO IORACCONTO 2013- Terzo Premio sezione fantasy - IL SARCOFAGO DEI GARAMANTI

Ecco qua il testo del mio racconto vincitore del premio a "Ioracconto 2013". Poichè era la prima volta che partecipavo ad un premio Letterario posso ritenermi soddisfatto!
 
 

-------Come le volte precedenti, Krane si avvicinò guardingo alla piramide; era già scampato ad una morte terribile nei sotterranei della costruzione e non voleva correr rischi, ma in lui la curiosità di scoprire cosa aveva fatto impazzire il marabutto era grande, superiore di molto ad ogni invito alla prudenza suggeritogli dalle esperienze passate. La costruzione era esattamente come la ricordava dalle precedenti visite, piccola tozza, senza la cima che forse non c'era mai stata, semisepolta dalla vegetazione nella piccola oasi di Al Khafras, nel mezzo del terribile deserto tunisino del Chott el Jerid. Si diresse dunque ancora una volta a quella che considerava la parte posteriore della piramide. Non che la costruzione n’avesse una, ma lui si era abituato a considerare come anteriore quella rivolta verso il piccolo laghetto dell'oasi, dove alla base c’erano quelle strane nicchie alte due o tre metri e larghe un paio. Lì aveva trovato incisi nella pietra strani disegni, opera senza dubbio dei garamanti, un misterioso popolo che abitava il Sahara tra il 500 a.c. e il 500 d.c. e proprio studiando una di quelle incisioni, era caduto in una trappola da cui era riuscito a malapena a sfuggire. Controllò quindi ancora una volta il funzionamento della Colt che gli pendeva al fianco, si accertò che il tamburo girasse bene, poi si avvicinò alla parete inclinata della piramide. Questa, al contrario delle altre, non aveva incisioni né nicchie, era perfettamente liscia, ma l'inglese sapeva che se c'era un altro passaggio segreto, doveva trovarsi lì, perché aveva già esplorato minuziosamente le altre pareti. Le stanze trovate in precedenza erano situate alla base della piramide ed era logico aspettarsene una anche lì, ma se non fosse stato così su questo lato? Per la prima volta si mise ad osservare con attenzione la parte alta della piramide a partire dai due metri d’altezza fino alla sommità spuntata. Come già detto la costruzione era piccola e gli ci volle poco a notare qualcosa che forse era fuori posto: un'escrescenza, un bozzo, come una pietra mal formata corrosa dalle intemperie che delineava una sporgenza, ad un'altezza di sei o sette metri. Questo però era in contrasto con la cura con cui i garamanti costruivano i loro manufatti. Non c'era modo di arrivare a quel punto se non con una scala. Krane allora si girò verso il boschetto che circondava la piramide e individuata una piccola palma, con diversi colpi di yatagan la tagliò alla base e usando la sua forza non indifferente, la portò alla parete della piramide e ce la appoggiò. Per non essere impedito nella salita si liberò quindi del barracano arabo che indossava e rimase con gli abiti che vestiva abitualmente, pantaloni alla cavallerizza, con banda laterale ed una camicia bianca di flanella che portava ricamata sul petto l'effige di un leopardo e che ricordava il nome con cui era conosciuto in quella parte del mondo, le Léopard. Si arrampicò con attenzione per non sbilanciare la palma e, appoggiandosi anche alle pareti della costruzione, arrivò in breve al punto che aveva notato. Sulle prime fu deluso, in quanto la sporgenza faceva parte integrante della grossa pietra che era parte del muro, non era quindi una possibile leva che azionata potesse provocare l'apertura di qualche vano. Guardando meglio però, sopra la sporgenza, notò un’incisione semicancellata dalla sabbia e dalle intemperie, lasciata senza dubbio dai garamanti. L’effige raffigurava un piccolo occhio, simile a quello più grande che aveva trovato dalla parte opposta della piramide, quando era caduto nella trappola. Questo però aveva una pupilla in senso verticale, molto scavata nella pietra. Krane fu colto da un'ispirazione. Soffiò con forza sul punto per togliere molta della sabbia che vi si era accumulata, poi trasse dalla cintola un lungo pugnale e provò ad infilarlo nella pupilla. Dapprima l'arma penetrò solo per pochi centimetri, l'uomo, però, incoraggiato dal parziale successo, continuò a premere con forza sull’impugnatura del coltello e poco dopo udì uno scatto e vide spostarsi, come per magia una grossa pietra adiacente a quella su cui faceva pressione. Lasciando il coltello senza più premerlo, si avvide però che la pietra tornava nella posizione originaria e così la lama riusciva pian piano dalla fenditura. Capì che il meccanismo dall'altra parte si fondava su un principio di leve semplice ma efficace che sfruttava con dei contrappesi la forza di gravità e costringeva i due oggetti a tornare nella posizione originaria. Esercitò dunque ancora più pressione e riuscì ad incastrare il pugnale nella fenditura della pupilla nel punto dove la lama s’ispessiva vicino al manico. Di lì a poco, senza pensarci due volte, s’infilò nella stretta fenditura. Il varco era piccolo e gli consentiva a malapena di procedere nello stretto tunnel, strisciando, ma dopo poco si aprì in una piccola stanza. Krane poté alzarsi e dare un'occhiata all'ambiente. La luce del sole che penetrava da quel condotto rettilineo, era poca ma sufficiente a vederci anche se la luce soffusa dava un senso d’irrealtà. L'uomo si avvide subito che la stanza era completamente vuota, fatta eccezione per un manufatto all'angolo; si avvicinò all'oggetto che aveva intravisto e capì subito cos'era, una cassa o meglio un sarcofago scoperchiato che probabilmente giaceva lì sin da quando era stata costruita la piramide, poiché di dimensioni enormemente maggiori a quelle del tunnel che aveva percorso. L'egittologia aveva compiuto solo i primi passi in quell'anno 1860, ma Krane conosceva gli studi compiuti dalla spedizione Napoleonica nel 1798 e quelli successivi degli italiani Belzoni e Rosellini, fu quindi con un misto di curiosità e di religiosa titubanza che si approssimò al manufatto. Gli venne in mente l'etimologia della parola sarcofago, quello che si nutre di carne, e non c'erano parole più adatte, anche se macabre, per definire quella cosa. L'oggetto cui l'inglese si avvicinò, però, non si poteva dire se avesse ospitato dentro di se un cadavere. Di basalto scuro, senza coperchio, era in sostanza una cassa, che poteva contenere un uomo di dimensioni più piccole di Krane che era molto alto. L'inglese vide immediatamente che l'oggetto era vuoto, dentro c'era solo un leggero strato di sabbia finissima. Ma da dove veniva se la stanza era chiusa ermeticamente? Poi scoperse qualcosa: un ninnolo di nessun valore fatto con piccole conchiglie. Ricordava di averne visti di simili appesi ad una collana al collo del marabutto ed ebbe così la conferma che l'uomo era stato lì e forse aveva anche dormito dentro il sarcofago. Raccolse poi un po' di quella strana sabbia dorata, per osservarla meglio. Era finissima, talmente fine che gli scivolò in parte dalle mani e ricadendo nel sarcofago creò una specie di bagliore dorato. Non sappiamo se fu la sabbia ad aver agito in qualche modo sul subcosciente dell'inglese, forse fu quella, forse qualcosa che aveva inspirato, oppure semplicemente una suggestione provocata dall'arcano ambiente, fatto sta che strane visioni si formarono nel cervello di Krane. In pochi attimi, ma che a lui sembrarono lunghi come ore, vide la nascita dell'Universo, con strani bolidi che emergevano da qualcosa che non seppe individuare e che non erano tutti sferici, e poi subito dopo, scene di battaglie, battaglie a non finire. Riconobbe gli eserciti d’Alessandro alla conquista dell'India, legioni romane attaccate sotto il vallo d’Adriano, templari sgozzati dopo la battaglia di Hattin, il crollo della torre Maledetta. Vide questo e molto altro. Come sapeva e poteva riconoscere le cose che la sua mente vedeva? Lo ignorava, ma qualcuno o qualcosa gliele suggeriva, come se lui fosse stato presente ad ogni avvenimento. Ed ancora fu presente al rogo dei perfetti a Montsegur e a quello di Giovanna d'Arco, anche se in questo caso non poté vedere bene in volto la pulzella che bruciava. E sempre in quelle visioni osservava simboli religiosi, molte croci sicuramente, ma ebbe anche visioni della Kaaba alla Mecca in mezzo a migliaia di moltitudini oranti e una dea sanguinaria indiana con molte braccia ed una collana di teschi... Poi le allucinazioni cessarono e Krane fu preso dal fortissimo desiderio di sdraiarsi in quel sarcofago e continuare a godere delle visioni magiche che gli erano apparse. Stava per infilarcisi, ma la sua cultura e forza d'animo fecero affiorare alla mente un ricordo, questa volta non indottogli in maniera arcana, ma una vera rimembranza. Parlando con degli ufficiali francesi a Tunisi aveva saputo che Napoleone Bonaparte si era fatto chiudere nella piramide di Cheope per una notte e molto probabilmente aveva dormito nel sarcofago che là vi si trovava. Si dice che la mattina dopo uscì dalla piramide sconvolto. Questo episodio gli ricordò che il marabutto, nella stanza dove lui era ora, era impazzito. Krane era un uomo forte, l'unico che era sopravvissuto all'assedio di Bab el Kebir, e forse sarebbe uscito indenne dalla prova, se si attardava ancora lì, ma ci pensò un attimo, poi la sua mente si distolse dalle visioni di morte che aveva intravisto, pensò a Jasmine che lo aspettava e alla vita che poteva essere bella in parte, anche se breve e fugace. Si risolse di uscire rimandando ad un'altra volta l'esperienza, ma, come un naufrago getta una bottiglia col messaggio nell'acqua, lanciò un pensiero nel futuro, sperando che qualcuno affine a lui mentalmente, lo raccogliesse e condividesse le sue esperienze, nel caso che lui non avesse per qualche ragione potuto divulgarle.
Ed il messaggio fu raccolto! Nel 2013 un uomo ormai non più giovane, mentre di notte ricordava eventi della sua vita passata, di ciò che sarebbe potuto essere e non era stato, raccolse il messaggio della visione di John Krane, accese la luce e cominciò a scrivere...---------


Nella foto in alto: il sarcofago che si trova della piramide di Cheope, che viene anche menzionato nel mio racconto e una foto della premiazione.Chi mi conosce può riconoscermi!

FABRIZIO FROSALI

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