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CAPITOLO I
URZUK
Gli Urzuk erano vicini. Per quanto avesse
cercato di tenerli lontano con mille trucchi, sfruttando la conoscenza del
deserto che indubbiamente aveva, l'uomo intabarrato nel burnus svolazzante non
era riuscito a scrollarsi di dosso quei molesti inseguitori che lo braccavano
da molte ore. Il dromedario era ormai stanco, avendo dovuto sostenere un trotto
costante fin dal mattino. In certi
momenti gli Urzuk erano rimasti indietro, fuori vista in quel deserto arido, completamente
sabbioso, senza un filo d'erba a interromperne la monotonia. Non appena ciò era
accaduto, l'uomo aveva cercato di deviare dalla linea retta, nel tentativo di
perdere definitivamente il contatto con chi lo inseguiva, ma dopo poco le
inconfondibili siluette di quegli arabi sugli alti cammelli riapparivano in
distanza. L'uomo nel burnus era giunto alla conclusione che non fossero gli
stessi che precedentemente lo seguivano. Forse vi erano varie pattuglie sparse
nel deserto alla sua caccia, per vietargli l'accesso al “Mausoleo” cui lui voleva
avvicinarsi, ed evidentemente dovevano coprire per miglia il territorio. Da
come si erano disposti nell'inseguirlo sembrava volessero spingerlo verso il
sud, in quanto la via sembrava libera solo da quella parte. Presto si sarebbe
trovato in una parte del deserto che lui non conosceva, dove il Chott el Jerid
si apriva sull'immenso Sahara. Non volendo dare partita vinta a chi lo seguiva
così tenacemente, l'uomo si risorse a un tentativo estremo. Colto il momento in cui i suoi inseguitori,
quattro o cinque in tutto, erano fuori vista, perché coperti dalle creste delle
dune di sabbia accatastate senza ordine da un vento capriccioso, ne sorpassò
una un po' più alta delle altre. Come sperava individuò alle spalle di questa
un avvallamento semicircolare, che doveva ripararlo alla vista di chi fosse
transitato anche a breve distanza da lui. Fece accoccolare il dromedario sulla
sabbia, si coricò accanto a questo dal lato dove il corpo dell'animale gli
forniva una relativa ombra, estrasse dalla fonda della sella una carabina Henry
a ripetizione e si mise ad attendere. Aveva calcolato che in circa una
quindicina di minuti quei berberi che lo seguivano sarebbero giunti alla sua
altezza. Non osava sporgersi oltre il punto più alto della duna nella direzione
dei suoi inseguitori, perché sapeva che lo avrebbero avvistato immediatamente,
si mise pertanto in attesa a un lato dell'avvallamento, quello da cui sperava i
berberi avrebbero passato il culmine delle sabbie. I suoi calcoli furono
esatti, perché dopo circa dodici minuti sentì il rumore soffocato delle zampe
dei cammelli che affondavano nella sabbia e quasi immediatamente quattro
cavalieri si profilarono sul culmine della duna. Era questione di attimi, quasi
subito si sarebbero resi conto che l'uomo inseguito non era più in vista e
dalle tracce del dromedario avrebbero volto lo sguardo verso la cunetta,
scoprendolo. L'uomo col burnus non si era curato di cancellare le tracce,
perché il suo scopo non era quello di eludere gli inseguitori. Voleva disfarsi
definitivamente di loro. Fedele alla sua deontologia, però, in quell'attimo
d’indecisione che portò i berberi ad arrestare le loro cavalcature, indecisi
della direzione da prendere, si alzò in ginocchio e li apostrofò con queste
parole:
- Le sabbie del deserto non sono abbastanza calde oggi per voi? Ho poca acqua a disposizione, amici, ma in
sua vece posso offrirvi molto piombo, rovente ancor più degli zoccoli dei
vostri cammelli!
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L'mmagine che vedete è una istantanea del lago salato del Chott el Jerid ...
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